Categoria: Cultura

  • Il Nano Morgante | La superba noncuranza del futuro

    Il Nano Morgante | La superba noncuranza del futuro

    GENOVA. 29 OTT. Non solo la matematica o la ragioneria implicano operazioni di addizione e sottrazione.

    D’altro canto, sarebbe assurdo escludere la presenza delle scienze rigorose dalla nostra vita quotidiana, visto che il viaggio dell’esistenza è anche costantemente disseminato di infiniti come ed infiniti perché che meritano risposte precise.

    Il nostro Pianeta ruota ed orbita vorticosamente, con noi a bordo. Siamo tutti in perenne viaggio ed ogni cosa che ci circonda è sottoposta a dirompenti e primordiali forze.

    In presenza di tale costante tensione, è prevedibile che certi conti non riescano a tornare alla prima e, talvolta, neppure alla seconda, a prescindere dall’importanza e dall’urgenza che gli si attribuisce.

    Non casualmente, importo una confessione della Szymborska: “spesso mi abbandona la certezza che ciò che è importante sia più importante di ciò che non lo è”.

    Detto ciò, c’è da chiedersi: quanto implica questo presente transfuga nelle nostre ambiziose idee di calcolo della felicità? Quanto implica nelle pertinenti operazioni che, per indecifrabile sorte o personale vocazione, paiono spesso non quadrare o, peggio, volgere in perdita?

    Sia quel che sia, “tener testa al tempo” (cit. M.Frisch – Homo Faber) è un’operazione che non può tornare. E, quando torna, torna solo perché ne falsiamo dati e risultati.

    Tuttavia, l’esempio delle piramidi egiziane, erette prima che la nostra “scienza delle costruzioni” ne dimostrasse la staticità e ne definisse i criteri, eppur sempre salde e svettanti, può giovare alla riflessione di chi avesse sempre la necessità di voler quadrare in anticipo i conti.

    Vi sono conti da cui l’uomo, per evitarsi danni, dovrebbe esimersi.

    Ad ogni buon conto, è giusto considerare l’eventualità, alcuni non torneranno comunque, anche con tutto il nostro calcolo possibile.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • E’ mancato Luciano Rispoli, noto conduttore tv

    E’ mancato Luciano Rispoli, noto conduttore tv

    ROMA. 27 OTT. E’ morto ieri sera all’età di 84 anni il conduttore di programmi storici, Luciano Rispoli. Ad annunciarlo il giornalista e scrittore Mariano Sabatini, a lungo suo collaboratore.

    Rispoli era nato a Reggio Calabria nel 1932, ed è  mancato ieri sera tardi nella sua casa di Casalpalocco.

    “Con grandissima costernazione – spieg il giornalista Mariano Sabatini – e in accordo con la moglie e i figli, devo dare la triste notizia della scomparsa del popolare giornalista, autore e conduttore di programmi celeberrimi: ‘Parola mia’ e ‘Tappeto volante’ su tutti”.

    I funerali si terranno domani alle 11 nella chiesa di San Timoteo, in zona Casalpalocco.

  • La fiction I Medici fa grande audience, ma la cultura è altra cosa

    La fiction I Medici fa grande audience, ma la cultura è altra cosa

    ROMA. 19 OTT. Ieri sera su Rai 1 vi è stato il boom di ascolti per la prima puntata della fiction «I Medici». I primi due episodi della serie, che vede tra i protagonisti Dustin Hoffman, Richard Madden e Alessandro Preziosi, sono stati seguiti da quasi 7 milioni e 600 mila spettatori, con uno share del 29,9%.

    Sono stati esattamente 8 milioni e 37 mila gli spettatori che hanno seguito il primo episodio con il 28.88 di share; 7 milioni e 143 mila con il 31.08 quelli che hanno visto la seconda parte. Senza dubbio un risultato clamoroso che ha battuto a sorpresa Mediaset che proponeva in contemporanea la partita della Juventus in Champions League (20% di share).

    Il direttore Rai Antonio Campo Dall’Orto parla a riguardo di successo della cultura. Ma siamo proprio sicuri che sia così?… «I Medici» , coproduzione internazionale di Rai Fiction e Lux Vide, è semplicemente un kolossal televisivo in quattro puntate, che porta la firma di Sergio Mimica-Gezzan, il quale per dar vita a questo suo lavoro  si è ispirato ai film Il Padrino e Amadeus. Due ottimi film ma che come sappiamo tutti non riportano la realtà di fatti realmente accaduti.

    I Medici mettono in scena storielle amorose ed intrighi del tutto inventanti ed ingranditi per interessare maggiormente il pubblico di massa alla vicenda della grande famiglia fiorentina, ottenendo, ovviamente, il risultato di avere attaccato allo schermo il grosso pubblico. Possiamo definire questo un richiamo culturale ?….francamente no. L’unico elemento positivo della fiction è che offre di  apprezzare ulteriormente Firenze, i suoi splendidi palazzi, piazze e contrade in cui le puntate sono state realmente girate.

    FRANCESCA CAMPONERO

  • In ricordo di Dario Fo

    In ricordo di Dario Fo

    GENOVA. 16 OTT. Confesso di non aver mai apprezzato a fondo Dario Fo ed il suo teatro, e questo era per poca conoscenza tanto della sua persona quanto delle sue opere, ma ci fu una sera in cui finalmente compresi la sua arte ed il suo indiscusso talento. Era una sera d’ agosto del 2006, il 13 del mese per l’esattezza,  quando con Fo e la moglie Franca Rame si esibirono al Festival di Valle Christi a Rapallo. “C’era il mondo! – ricorda una delle organizzatrici del Festival, Luciana Sudano – persone sedute sul prato, in piedi, mentre i tuoni si avvicinavano sempre di più. Ma Dario Fo, non si feceva  intimorire, ed imperterrito, ha continuato a recitare mentre iniziava a piovere sempredi più, fino a quando la pioggia è diventato un diluvio. Fu una serata indimenticabile – continua la Sudano –  Il giorno dopo Dario mi ha dedicato un disegno che ho incorniciato e che per me è veramente prezioso”.

    Il ricordo di Luciana combacia esattamente con il mio (escluso il disegno che purtroppo io non ho). Trovai straordinaria la passione di Fo e di sua moglie nel voler portare avanti lo spettacolo a tutti i costi, uno spettacolo straordinario dal titolo Mistero Buffo – Sesso tanto per gradire,  un monologo in grammelot Mistero Buffo, animato da quel linguaggio onomatopeico che mette insieme, in uno strano lombardo, detti medievali, forme dialettali, racconti dei cantastorie. Quel linguaggio che nel lontano 1969 segnalò al mondo della cultura e del teatro l’irrompere di un genio della scena, appunto Dario Fo.

    In quella sera freschetta in cui il pubblico si era portato con sè impermeabili ed ombrelli, Fo riuscì a regalare la magia duettando con Franca Rame. Le sue storie ed i personaggi  uscivano fuori dai Vangeli apocrifi, ma raccontavano anche di re magi e di papi come Bonifacio VIII.  Storie affascinati dal sapore popolare in cui l’attore- regista-scrittore tirava fuori tutta la sua umana partecipazione esaltandone i lati paradossali.  Nessuno tra i presenti si rendeva conto dell’avanzare del brutto tempo fino a quando il cielo non cominciò a tuonare ed alluminarsi per i lampi, ma anche questo fatto fu motivo di ironia per Fo che rivolgndosi a Dio disse scherzando: “ Va bene, hai deciso che dobbiamo finire qui, e così sia”.

    FRANCESCA CAMPONERO

  • Il Nano Morgante | Una situazione di contrabbando

    Il Nano Morgante | Una situazione di contrabbando

    GENOVA. 15 OTT. Sembra un titolo fuori legge, ma non lo è. E’ solo una frase che riecheggia un brano di Enzo Jannacci.

    Pertanto, in piena legittimità e tranquillità, dibatto l’idea che non tutte le “esposizioni” che ci vengono propinate dalle più disparate, ancorché accreditate fonti, hanno sempre a supporto cognizioni adeguate e solide convinzioni tematiche.

    E che l’antico motto latino (opportunamente tradotto) “conosci l’argomento, le parole seguiranno” è una regola forse sconosciuta; di certo, poco osservata.

    In attesa che la trattazione si sviluppi in progress e l’argomento sotteso prenda una qualche forma, è possibile notare certe improvvisate narrazioni, adornate di enfatici e ridondanti appellativi, col sottaciuto intento di “contrabbandare”  lucciole per lanterne.

    Ciò può accadere, come detto, quando la contezza è cifra latitante e l’imponenza del “peso della pura necessità”, scomodando S. Weil, implica una scelta multipla, distribuita omogeneamente a raggiera, utile a prefigurare opportune vie di fuga.

    Così accade, ad esempio, quando l’uomo si appresta a sminuire, a denigrare senza titolo il valore altrui,  sulla falsariga del “sus Minervam” ciceroniano, mentre vagola tra lanterne & lucciole, nella nebbia più totale. Vieppiù nell’ulteriore confusione se queste ultime (le lucciole) si riferiscano ai luminescenti insetti campestri o a certo genere femminile peripatetico.

    In effetti, è insita e giustificata nella natura umana una fisiologica vacuità di sostanza, stante il fatto che il sentirsi creato, la percezione di “creaturalità”, non può che generare, in linea di principio,  l’idea di un “creante” ed un connaturato senso di straniante subalternità.

    Riprendendo il tema centrale, il misconoscere ed il contrabbandare possono certamente accogliere situazioni confuse, vieppiù necessitate da esposizioni generiche.

    Così, proprio mentre abbozziamo un’idea (ovviamente geniale) ed elaboriamo severi giudizi per le inadeguatezze altrui, le ragioni del titolo affiorano e straripano nel costante e furbesco tentativo di “contrabbandare” una cosa per l’altra: la fortuna per capacità, il populismo per politica, l’improvvisazione per arte, l’arroganza per carattere, la forma per sostanza, la menzogna per verità.

    Tale narrazione, definita da “entità linguistiche”  assemblate con criterio vezzosamente estetico, costituisce esito non meno utile di altre, meno improvvisate e più circostanziate.

    Il resoconto finale da attribuire all’evento espositivo, come sempre, è discrezionale.

    Così, la ricercatezza lessicale non è detto sia sempre una cifra sminuente rispetto ad una dissertazione scorrevole ed essenziale, potendo sempre trarre da entrambi i metodi la plausibilità del fine.

    Talvolta, tuttavia, dietro l’enfasi narrativa, insiste una sostanza fievole, un’ idea fiacca ed effimera che non muta in principio di sostanza.

    Non titubiamo, pertanto, quando un’esposizione la si percepisce come contrabbandata: poiché “la verità è principalmente nell’intelletto e poi nelle cose”,  scomodando Hobbes. E poiché “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, scomodando anche Nietzsche.
    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • E’ morto Dario Fo, aveva 90 anni

    E’ morto Dario Fo, aveva 90 anni

    MILANO. 13 OTT. E’ morto all’età di 90 anni Dario Fo, drammaturgo, attore, regista, scrittore, pittore, scenografo ed attivista.

    Nel 1997 vinse il premio Nobel per la letteratura. E’ deceduto questa mattina, da circa due settimane soffriva di forti dolori alla schiena ed era anche stato ricoverato in ospedale.

    La moglie, Franca Rame, è morta a 84 anni nel maggio del 2013 nella loro abitazione di Porta Romana a Milano. L’attrice era sempre stata con Fo sul palcoscenico e nella vita dal 1954.

  • Il Nano Morgante | Intermezzo con sorpresa

    Il Nano Morgante | Intermezzo con sorpresa

    GENOVA. 8 OTT. Ciascuno forma e sostanzia la propria esistenza dando importanza a cose, fatti e persone secondo propri valori ed ordini di priorità: in nome di un criterio rigorista e rigoroso percentualmente ripartito tra “ragione” ed “istinto”, tra doveri e desideri.

    Purchessia, è fuor di dubbio che gli eventi umani si orientino secondo un indirizzo prudente, solo di rado propenso alla casualità; nel tentativo di ovviare ad un fato inteso quale un dispiegarsi, accomodarsi e modellarsi non sempre favorevole e mai governabile.

    Gli eventi si fanno pertanto accadere in seguito all’applicazione di un criterio sensato e ragionevole, volto principalmente a preservarsi il più possibile e proteggersi da insidie ed intrusioni, non di rado immaginarie.

    Tale approccio “mentale”, sebbene persegua un onesto e legittimo obiettivo di qualità, risulta alla lunga inesitato ed incerto per rappresentare un sistema unanimemente consigliabile.

    Questo arcano dualismo, con buona probabilità, indurrà il lettore ad uno stupito smarrimento o ad una serrata contrapposizione. Od a nessuno dei due. Nondimeno, occorre non confondere la contentezza degli altri con la nostra, poiché le due cose raramente coincidono.

    Non esiste regola valida per tutti contemporaneamente. Pur tuttavia, esiste una regola “imposta” da una sommatoria educativa, dal proprio precipitato storico, dai condizionamenti più o meno interiorizzati.

    Nel tentativo di comprendere percorso e direzione, “la nostalgia delle prime cose” (cit. D. Campana) ci può assalire ed avviluppare tra le sue spire. E rammentarci quando, a scuola, un “problema” aveva una sola soluzione. L’unica certa e dimostrabile.

    Esiste sempre una “scala” di affetti, di momenti, di esigenze che rappresentano e caratterizzano emozioni, non sempre riconducibili al soddisfacimento di bisogni presenti. Poiché ogni nuova esigenza, ogni nuova esperienza che nasce, nasce per colmare una mancanza non sempre ed obbligatoriamente ricolmabile.

    E poiché, in tutto questo, non c’è un valido motivo per cui il tempo debba fluire inerte, trascorrere invano, sarebbe utile predisporre un elenco in cui utilmente combinare le esperienze & le esigenze, collocando l’urgenza delle conseguenti azioni secondo il consueto, prevedibile ordine: in cima le prime, in fondo le ultime.

    Non restando tuttavia troppo sorpreso se la pre-occupazione riguardasse  quelle collocate a metà.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • A Firenze all’asta i ricordi di Sandra Milo

    FIRENZE. 3 OTT. Il nome di Sandra Milo ci riporta alle atmosfere felliniane di 8 ½ e Giulietta degli Spiriti e del grande cinema italiano degli Anni Sessanta. Il 6 ottobre a Firenze, la Maison Bibelot alle ore 16 celebra la star italiana dedicandole l’asta Sandra Milo una vita tra Cinema e Arte: i ricordi di una diva.

    L’importante affidamento comprende sculture, dipinti e circa duecento fotografie della sua raccolta personale: un itinerario assolutamente unico della sua carriera artistica e della storia del cinema italiano attraverso gli scatti dei più noti fotografi italiani: Tazio Secchiaroli, Franco Pinna, Chiara Samugheo, Elio ed Elda Luxardo, Angelo Frontoni e molti altri.

    In asta anche una vera rarità: una serie di dieci diacolor realizzate da Federico Fellini e Giuseppe Rotunno della Milo nei panni della Gradisca, il noto personaggio di Amarcord creato apposta per lei dal grande regista, che avrebbe dovuto interpretare.

    Fanno parte della raccolta personale di Sandra Milo anche opere d’arte che la ritraggono come modella d’eccezione. Non solo diva del cinema, ma anche musa e amica di importanti artisti contemporanei, Francesco Messina, Baj, Fiume, Guttuso e di stilisti come Gianfranco Ferré.

    Il masterpiece della collezione è certamente la scultura di Francesco Messina, il nudo bronzeo Sandra, eseguito nel 1958 a Brera, esemplare unico (h cm 63, stima € 25.000,00 /30.000,00) – dove il famoso artista è riuscito a trasmettere nelle forme e nel modellato l’empatia e l’affinità con la sua musa.

    Una sezione dedicata all’alta moda sartoriale è rappresentata da alcuni abiti indossati in occasioni particolari, come quello realizzato dalla nota Sartoria Tiziani di Roma e indossato per la presentazione di “Giulietta degli spiriti “a New York nel 1966. In seta bianca, impreziosito da bordure in jais dorate, è stato donato dall’attrice alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti: un pezzo storico che entrerà a far parte dell’importante collezione museale fiorentina.

  • Il Nano Morgante | La morfologia del limite individuale

    GENOVA. 1 OTT. Propongo, per ironico diletto, una fugace riflessione sul genere e sulla morfologia dei “limiti” che, a vario titolo, gravano sulla e nella nostra esistenza.

    Ai fini della trattazione, mi avvio ad  una irrituale distinzione tra limiti “interiori” ed “esteriori”, escludendo ovviamente dal novero le originarie connotazioni morfo-adattive della specie umana.

    La prima tipologia di “limite” la si può comodamente far discendere dalla individuale impalcatura cromosomica, da tutto ciò che in ciascuno costituisce vincolo sistemico del proprio agire. In specie, dal carattere e da quegli elementi che intervengono e confluiscono nella dinamica intraneità/estraneità. Da ciò che, ribadisco, attiene ab ovo all’inesorabilità del tracciato individuale.

    La seconda tipologia, spondale, la si può intravvedere nei condizionamenti indotti e prodotti dal proprio precipitato storico. Eredità e vincoli educativi via via tradotti negli e dagli alterni accadimenti.

    Diviene ora ardita divagazione e pragmatica demarcazione discernere, tra le ipotizzate tipologie, i limiti maggiormente insidianti; o, per dirla in altro modo, quelli da cui riteniamo di poterci sottrarre.

    E’ evidente, ad esempio, che in ambito lavorativo (v. precedente “L’inesorabile logica del gruppo“ ) insista una forza potente e invisibile che regola le modalità intersoggettive, che incasella con nettezza il dovere e il piacere, gli obblighi  e i desideri, che omologa i comportamenti.

    Se assumessimo per veritiero “Il tuo diritto di essere è ciò che ti permetti di fare” (cit. G. Stirner),  avvaloreremmo l’autonomia dell’individuo e lo riporteremmo progressivamente al centro gravitazionale  delle proprie azioni logiche.

    Ciò estende e sottintende di fatto l’orizzonte operativo individuale, al punto da riconsiderare ed assiemare, in via definitoria, una unica tipologia di limite (e nel contempo, di opportunità): quella dell’individuo inscindibilmente collegato alla Comunità, entità che condensa il quotidiano pensare e lo media nell’agire conseguente.

    Quella che “fa del mondo un’unica famiglia”, riecheggiando un brano di Jovanotti.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante | …e tutti finsero felici e contenti

    GENOVA. 24 SET. Capita talvolta, nel naturale disporsi ed evolversi delle vicende, che la nostra condizione non sia perfettamente allineata con taluni nostri desideri.

    Capita anche talvolta che la nostra volontà sia direttamente od indirettamente ostacolata o quantomeno influenzata da circostanze, eventi, abitudini. E che soggiaccia ad una beante, insanabile fenditura, tra opportuno & inopportuno, tra bene & male, tra sé & altro da sé.

    Progressivamente gravoso è l’incedere umano: come una piccola palla di neve che, rotolando verso il basso, s’inspessisce fino a diventare un enorme e pesante macigno.

    L’atto di riflettere non sempre ci agevola. Spesso è solo un tributo ad esigenze precostituite, ad una prassi per cui l’agire istintuale e la spontaneità divengono la principale causa di errori, categorie arcane da mettere al bando.

    A tal proposito, é prevedibile che taluni riservino faziosa critica alla sola idea che dall’avventatezza, dalla libera esternazione del pensiero, possa  sortirne alcunché di positivo.

    Non ho difficoltà nel credere, tuttavia, che ogni circostanza in cui abbiamo dato prova di accogliere i suggerimenti altrui o di scegliere secondo dettami precostituiti, in realtà abbiamo contribuito, nel tempo, più a “conquistarci un posto in cielo” che al nostro concreto bene.

    Nella credibile ipotesi che ciascuno di noi, a proprio inconsapevole nocumento, crei col tempo convinzioni e suggestioni di comodo, adottiamo un’opzione alternativa ad una rassicurante e pseudo-domestica, cui siamo rimediabilmente  assuefatti.

    Il fiabesco epilogo “felici e contenti” è ormai un drappeggio applicabile a comoda discrezione: degna conclusione al “tutti vissero” del tempo antico ed altrettanto al  “tutti finsero” del tempo  presente.

    Sia come sia, per premunire la nostra favola quotidiana di una legittima e giusta dose di verità, non resta che attingerla dalla nostra infanzia, nella considerazione che “avere un cuore da bambino non è una vergogna, è un onore”  (cit. E. Hemingway).

    Massimiliano Barbin Bertorelli