Categoria: Cultura Italia

  • Il Nano Morgante | L’estensione naturale dell’elastico

    Il Nano Morgante | L’estensione naturale dell’elastico

    GENOVA. 7 GEN. Se, per tragica ipotesi, un bel giorno impazzissero tutti i sistemi di regolazione del traffico di un qualunque insediamento urbano, l’istinto selvaggio ritornerebbe in fretta ad impadronirsi del civile cittadino, facendolo regredire da una condizione illusoriamente evoluta ad una condizione da albori dell’umanità.

    E’ sufficiente ipotizzare tale scenario trovandosi semplicemente impantanati in uno dei soliti ingorghi da ora di punta.

    Sempre stazionando sul confine dell’ironia, questo possibile re-imbarbarimento la dice lunga sulla tenuta etico-psicologica, individuale e collettiva, di una moltitudine umana ipertecnologica ed iperveicolarizzata.

    E’ quindi facile comprendere, attraverso tale irriverente ipotesi, la tragica indispensabilità delle “regole” nel buon agire quotidiano; la sudditanza nei confronti delle imposizioni e degli obblighi; nonché l’immediata regressione civica osservabile quando l’uomo viene svincolato dai condizionamenti normativi e, soprattutto, dai rischi di conseguenti sanzioni.

    E’ perciò difficile (tuttavia possibile) sostenere tout court il solido radicamento della ragione nel contesto quotidiano quando l’inveramento dell’ ipotesi barbarica sopra ipotizzata pare già elemento sufficiente a far regredire un senso civico rabberciato alla bell’e meglio.

    In tale circostanza, l’uomo manifesta modalità di reazione simili ad un elastico, laddove, cessata la forza impressa che ne aveva allungato l’estensione, esso torna sempre alla sua dimensione originaria (v. prec. “La teoria dell’elastico”). (nell’immagine: Gli Antenati, i Flinstones con la loro mitica auto).

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nao Morgante – Il sorteggio come metodo di Governo

    Il Nao Morgante – Il sorteggio come metodo di Governo

    GENOVA. 2 GEN. Fu Norberto Bobbio, qualche tempo fa, a titolare “Democrazia dell’applauso” un proprio articolo riferito a specifici accadimenti politici del contesto nazionale.

    In tal senso, si potrebbe obiettare che oggi è oggi e ieri è ieri. Che le vicende e le circostanze vorticosamente e drasticamente mutano.

    Pensiero ragionevole, ma solo in parte, giacché il principio dei “corsi & ricorsi storici”, ben osservabile a chiunque ne abbia volontà, persiste con inusitato vigore. Si pensi a tal proposito che, nel XIX secolo, il francese Saint Simon identificò  “nell’arbitrio, incapacità, intrigo i 3 inconvenienti del Sistema politico”.

    Rimarcando ora le doti profetiche di Bobbio come scienziato della politica, ritengo che il sopraddetto titolo, ancor prima del contenuto, sia  pertinente e ben rappresentativo della situazione in atto, della progressiva deriva delle essenziali fasi costitutive democratiche della politica.

    Un inarrestabile smottamento che, similmente ad una frana, porta rovinosamente con sé a valle tutto ciò che incontra sulla strada.

    Ma questa politica, diversamente da una frana, nel suo rovinare tende a voler conservare inalterate le proprie rendite di posizione, i propri privilegi: e, nella confusione, non solo li conserva, ma li tramanda di generazione in generazione, abilitando l’idea democratica ad una forma “totalitaria”, laddove il cittadino, dopo la mera espressione del voto, è spettatore inerme di una smaccata applicazione del criterio parentale negli avvicendamenti dei ruoli pubblici, come si trattasse di beni personali.

    Il ruolo politico, confezionato su misura come un abito sartoriale, ha trovato così il modo di superare l’incertezza dell’evento elettorale, palesando, nei fatti, l’inessenzialità della partecipazione dei cittadini alle urne, relegando il voto ad una fase meramente formale.

    Il quorum, condizione indispensabile per validare anche una semplice assemblea condominiale, non è d’altronde sempre previsto dal liturgico raccoglimento dinanzi alle urne elettorali.

    E questo aspetto, tra l’altro, diviene massimamente preoccupante quando è correlato a certe forme di potere che tramutano in investitura patriarcale una funzione pubblica, democratica.

    Una politica che enuncia di essere al servizio della comunità non può non preoccuparsi della comunità stessa, del cosiddetto “Popolo sovrano” (concetto ormai privo di contenuto a causa del non-riconoscimento costituzionale del titolo nobiliare).

    L’uso e l’abuso di un’idea utilitaristica e sviante nel concetto di Democrazia produce, da un lato, una “caduta libera della fiducia nelle Istituzioni” (M.Cacciari ne L’Espresso); dall’altro, un evidente abbassamento del livello qualitativo medio dei nostri rappresentanti e dei nostri governanti.

    Nessuno si senta tirato in causa poiché ogni fatto ha in re ipso l’eccezione. Nondimeno andrebbe recuperato dalla Classicità, ed immediatamente applicato, il sistema elettivo dell’antica Grecia dove una percentuale di rappresentanti del Governo veniva sorteggiata tra tutti i cittadini (per arricchire la casistica, si narra che, tra gli Apostoli, Mattia fu scelto al posto di Giuda per responso di sorteggio).
    Tale procedura potrebbe rivelarsi un valido strumento per rinnovare un contesto politico tendenzialmente paludoso, auto-referenziato e castale.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante – Il sorteggio come metodo di Governo

    Il Nano Morgante – Il sorteggio come metodo di Governo

    GENOVA. 2 GEN. Fu Norberto Bobbio, qualche tempo fa, a titolare “Democrazia dell’applauso” un proprio articolo riferito a specifici accadimenti politici del contesto nazionale.

    In tal senso, si potrebbe obiettare che oggi è oggi e ieri è ieri. Che le vicende e le circostanze vorticosamente e drasticamente mutano.

    Pensiero ragionevole, ma solo in parte, giacché il principio dei “corsi & ricorsi storici”, ben osservabile a chiunque ne abbia volontà, persiste con inusitato vigore. Si pensi a tal proposito che, nel XIX secolo, il francese Saint Simon identificò  “nell’arbitrio, incapacità, intrigo i 3 inconvenienti del Sistema politico”.

    Rimarcando ora le doti profetiche di Bobbio come scienziato della politica, ritengo che il sopraddetto titolo, ancor prima del contenuto, sia  pertinente e ben rappresentativo della situazione in atto, della progressiva deriva delle essenziali fasi costitutive democratiche della politica.

    Un inarrestabile smottamento che, similmente ad una frana, porta rovinosamente con sé a valle tutto ciò che incontra sulla strada.

    Ma questa politica, diversamente da una frana, nel suo rovinare tende a voler conservare inalterate le proprie rendite di posizione, i propri privilegi: e, nella confusione, non solo li conserva, ma li tramanda di generazione in generazione, abilitando l’idea democratica ad una forma “totalitaria”, laddove il cittadino, dopo la mera espressione del voto, è spettatore inerme di una smaccata applicazione del criterio parentale negli avvicendamenti dei ruoli pubblici, come si trattasse di beni personali.

    Il ruolo politico, confezionato su misura come un abito sartoriale, ha trovato così il modo di superare l’incertezza dell’evento elettorale, palesando, nei fatti, l’inessenzialità della partecipazione dei cittadini alle urne, relegando il voto ad una fase meramente formale.

    Il quorum, condizione indispensabile per validare anche una semplice assemblea condominiale, non è d’altronde sempre previsto dal liturgico raccoglimento dinanzi alle urne elettorali.

    E questo aspetto, tra l’altro, diviene massimamente preoccupante quando è correlato a certe forme di potere che tramutano in investitura patriarcale una funzione pubblica, democratica.

    Una politica che enuncia di essere al servizio della comunità non può non preoccuparsi della comunità stessa, del cosiddetto “Popolo sovrano” (concetto ormai privo di contenuto a causa del non-riconoscimento costituzionale del titolo nobiliare).

    L’uso e l’abuso di un’idea utilitaristica e sviante nel concetto di Democrazia produce, da un lato, una “caduta libera della fiducia nelle Istituzioni” (M.Cacciari ne L’Espresso); dall’altro, un evidente abbassamento del livello qualitativo medio dei nostri rappresentanti e dei nostri governanti.

    Nessuno si senta tirato in causa poiché ogni fatto ha in re ipso l’eccezione. Nondimeno andrebbe recuperato dalla Classicità, ed immediatamente applicato, il sistema elettivo dell’antica Grecia dove una percentuale di rappresentanti del Governo veniva sorteggiata tra tutti i cittadini (per arricchire la casistica, si narra che, tra gli Apostoli, Mattia fu scelto al posto di Giuda per responso di sorteggio).
    Tale procedura potrebbe rivelarsi un valido strumento per rinnovare un contesto politico tendenzialmente paludoso, auto-referenziato e castale.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante | La penultima ruota del carro

    Il Nano Morgante | La penultima ruota del carro

    GENOVA. 24 DIC. Pensare di essere l’ “ultima ruota del carro” è una percezione di sè auto-afflitta. Per converso, pensare di essere “la prima” è un esercizio auto-celebrativo.

    Non rilevando, al momento, né il tipo di “mezzo” né il numero di “ruote” di cui è dotato,  va tuttavia premesso che ogni sua singola componente, per autoevidenza, assolve ad una funzione portante.

    Secondo un presupposto di comodo, alcuni gerarchizzano la questione,  ipotizzando il maggiore disagio per la mancanza di una ruota anteriore piuttosto che di una posteriore.

    Tuttavia, è risaputo che, a prescindere dalla dotazione complessiva, la mancanza di una qualsivoglia ruota, posteriore od anteriore, comporta instabilità di marcia e rende claudicante ed insicuro l’avanzamento.

    Fuor di metafora, andrebbe rivisitato e  rivitalizzato il simbolismo usualmente attribuito alla proposizione “sentirsi l’ultima ruota del carro”.

    Per buona analogia, non riserviamo all’“ultima ruota” alcuna inferiorità né superiorità alla “prima”, per il ribadito fatto che l’efficienza di un sistema è garantita dalla com-presenza funzionale di ogni sua parte.

    In conclusione,  rammentando ancora una volta l’importanza del singolo in relazione dell’insieme, preme significare che è sempre e comunque fuori luogo assimilarsi  a qualcosa di arretrato né di avanzato.

    Tuttavia, se proprio non resistiamo ad identificarci in qualcos’altro, che la scelta avvenga  similmente all’appalto pubblico: scartando le offerte estreme e scegliendo quella mediana.

    Quindi, se proprio si deve scegliere una “ruota”, pare un buon compromesso privilegiare la “penultima”.

    Una saggia rappresentazione collettiva di sé,  anche in forza della condivisione  del mezzo,  della contiguità dei viaggiatori  e della comune destinazione.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante | La variabile della lucidità

    Il Nano Morgante | La variabile della lucidità

    GENOVA. 17 DIC. Si fa presto a dire “affronta le cose con lucidità”, quando, nel veloce dispiegarsi degli eventi, una infinità di dubbi, reali ed immaginari, tende a confondere ed obnubilare ogni intendimento.

    Ovviamente,  la “lucidità” è un obiettivo consigliabile, viste le ingannevoli convinzioni in cui l’uomo trova inesperto e duraturo sollazzo e vista lo scarto esistente tra ciò che pensa di sé e ciò che, in effetti, è.

    Obiettivo  similmente consigliabile (e lucido) è collegare i punti in comune che correlano le distinte vicende, fino a ricondurle in una unica, fattiva circolarità di esperienza.

    Stante l’opportuna premessa, possiamo, per comodità, individuare un tipo di “lucidità” che implica l’attendismo (la prassi del non svegliare il can che dorme) ed un altro che invece impone di affrontare frontalmente il nemico (cioè noi stessi, con discreta frequenza).

    Possiamo tessere le lodi di entrambi i tipi. Tuttavia, è più probabile che, per comune attitudine, si conferisca al primo, all’attendismo ozioso, una laurea magna cum laude.  Sebbene l’azione diretta, vis-a-vis, del secondo, sortisca, in certi casi, una maggiore efficacia risolutiva.

    Non trascurando di considerare per entrambi la fondatezza dell’affermazione di J. Lec “il peso dei problemi va calcolato al lordo, noi compresi”, si può lucidamente constatare la varietà e variabilità di idee insoddisfatte e coabitanti in noi.

    Sempre in odore di lucidità, l’applicazione di schematismi liturgici al processo ideativo ottunde il singolo punto-di-vista, non veicolando né travasando esperienza da un caso all’altro. Anzi, anestetizzando il processo.

    Ciò si spiega anche per il fatto che lo stesso “quadro” non si ricompone mai con le stesse variabili, come accade nel “gioco” del Bridge, dove la mano di carte passa identica alla successiva coppia di giocatori, ottenendo in tal modo una oggettiva comparazione delle capacità della squadra.

    Pare, nell’attuale avvicendarsi delle situazioni, che tale “lucidità” sia un traguardo inattingibile.

    A questo punto, meglio abbassare l’asticella e ricondursi a più miti ma non meno brillanti pretese. All’occorrenza, infatti, anche una semplice “lucidata” alle scarpe può rappresentare un motivo di decoro per il cammino dell’uomo.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante | Le intenzioni del linguaggio

    Il Nano Morgante | Le intenzioni del linguaggio

    GENOVA. 10 DIC. La forma stilizzata di un albero, un tronco ben radicato nel terreno, i rami che da esso dipartono fino alle estremità delle fronde: così si può configurare la disarticolazione e scomposizione del linguaggio: da un radicato e solido corpus centrale al singolo lemma periferico.

    Una frammentazione e ramificazione di unità semantiche sempre più specializzate, inaggirabili, mutevoli ed imprevedibili, percorrono il linguaggio in ogni sua parte ed in ogni senso, fino a giungere ai più impercepiti, imperscrutati confini.

    Come l’albero dall’humus della terra, così il linguaggio, in linea ideale, trae linfa dalla profondità di un corpus speculativo in costante mutamento.

    Da ciò promana un caleidoscopio sconfinato di costruzioni mentali ed interpretazioni affinabili, talvolta distanti anni luce dall’intenzione originaria.

    Il processo espressivo-cognitivo si sviluppa ordinariamente individuando differenti scale di misura e di accesso, completive, funzionali e, perché no, ricorsive.

    Dall’arborea immagine si delinea il legame del tutto con le singole parti, discendendone che ogni altra cosa, per essere compresa appieno, va collocata nel proprio insieme, evitando progressioni improvvide o soluzioni di continuità artificiose.

    Possiamo addentrarci nell’universo semantico, come a bordo di un’astronave, sfrecciando tra nebulose, supernove e vaganti, solitarie meteore.

    Esso ci conduce non di rado in luoghi dalle coordinate sconosciute, in un adesso alieno.

    E, tra le infinite parole che lo sostanziano, ascoltate, ignorate o mal decifrate, in lontananza possiamo scorgere un orizzonte pluri-verso di linguaggi, le cui radici, come negli alberi, si estendono in sotterranee connessioni.

    Un orizzonte, pur dissolvente come miraggio, cui l’uomo può comunque protendere ed ambire, traducendo la singola parola nella locuzione performativa di J. Austin “ogni dire è un fare”.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante – L’imprevedibilità dei tiri mancini

    Il Nano Morgante – L’imprevedibilità dei tiri mancini

    GENOVA. 3 DIC. Si può facilmente rilevare che in evenienze drammatiche, in impreviste situazione di comune pericolo, le persone tendono a confortarsi reciprocamente, a stringere più facilmente legame. Tendono a recuperare una dimensione sociale ed affettiva impraticata e sconsigliata in condizioni ordinarie.

    E’ infatti usuale notare una indomita irrequietezza, una disarmonia irriconosciuta o disconosciuta, che spesso frappone tra gli individui un alto ed invalicabile muro.

    Tale contrastante aspetto merita una riflessione.

    Partiamo dal presupposto che costituisce certa individuale condizione di disagio e chiusura costituisce di per sé un problema. E che limitarsi a non riconoscere la condizione non elimina il problema né i drammatici effetti. Né tantomeno elabora eventuali rimedi.

    Consideriamo inoltre che, con più o meno consapevolezza, questo problema tende a permanere inalterato nel tempo. Ci segue come l’ombra in una giornata di sole, camminando all’aperto.

    Il preambolo è doveroso per meglio inquadrare l’ossessiva indole umana della paura del futuro, che, invece che unirci, pare alienarci l’un l’altro ed immeschinire i rapporti, ispirati ormai ad un criterio sospettoso ed escludente.

    Utile chiedersi come sia possibile essere inconsapevoli di tal triste condizione e perché, da subito, non si tenti il tutto per tutto per mutarla.

    Certamente, la “paura” si esprime in un calibro estensibile ed ostensibile, trovando esito e scadimento nella vacuità e brevità delle relazioni sociali, dove l’interlocutore di turno è, spesso, il primo sospetto immaginario di cui evitare il “tiro mancino”.

    In un ambito mentale così radicato e radicale, pretendere dall’individuo l’auto-confutazione del proprio sé ha le stesse possibilità, grossomodo, riprendendo Wittgenstein, del “gettar via la scala dopo esserci saliti”.

    Interiorizzando il concetto e traendone le debite conseguenze, resta ora da stabilire, vista l’idea di sbarazzarsene, se, su questa scala, valga la pena salire.

    Massimiliano Barbin Bertorelli

  • Il Nano Morgante | L’epopea del treno Coast to Coast

    Il Nano Morgante | L’epopea del treno Coast to Coast

    GENOVA. 27 NOV. Qualche tempo fa, Pierluigi Battisti, in un interessante editoriale su CorSera, ha tratteggiato il “treno” come fenomeno sociale, poetico e culturale.

    Ciò mi ha suscitato, in merito, alcune elaborazioni comparative tra musicalità e fascinazione, evocazioni e realtà,  suggestioni e bilanci da quadrare.

    Il treno ha inevitabilmente scandito, nel tempo, fasi di vita quotidiana; ha espresso tensioni di libertà ed ideali rivolte, straordinariamente simbolizzato da Turner nel dipinto “Pioggia, vapore e velocità”, cui si rimanda.

    Anche la canzone d’autore ne ha musicato aspetti e realtà, divenuti poi ricordo, nostalgia, rivoluzione: una “locomotiva lanciata, come fosse cosa viva” (cit. F.Guccini) od anche “il treno corre forte, il treno va lontano e il quadro cambia sempre dietro al finestrino “ (cit. R.Cocciante) ne sono solo qualche melodico esempio.

    Ciò che è stato mito, epopea, mezzo insostituibile di trasporto e nel contempo mezzo di unificazione territoriale, oggi ha mutato natura: la cessazione dei tratti di “lunga & lenta” percorrenza, coast to coast,  ha concluso un’epoca e ne avviato un’altra, frenetica e sfuggevole. E così che il treno ha perso, per sempre, il suo significato simbolico dinanzi all’economia di mercato, travolto da nuove esigenze contabilistiche, dalla logica del profitto.

    Le lunghe tratte ferroviarie (i “sentieri di ferro”) scorrevano lente, collegando l’intero territorio nazionale, dai monti alla pianura, dal mare alle vette. Della magia di tal periplo non resta forse nemmeno l’idea, fiammella di una candela consunta.  Non si potrà più osservare il mutevole paesaggio mentre, affacciati al finestrino, il vento scompiglia i capelli.

    Ci sono eventi che ne cancellano altri, ma la sensazione è che gli ultimi, in ordine di tempo, siano sempre meno vigorosi, emozionalmente più fuggevoli e distratti.

    Il modus vivendi  da assuefatti spettatori  ci sta costando, da un certo punto di vista, ben più delle fluttuazioni  del Pil e dello Spread.

    Non dovremmo sacrificare troppo sull’altare del “profitto”. Non c’è economia, pur florida, che possa compensare i nostri veri bisogni.

    Foss’anche  osservare  il panorama affacciati al finestrino di un treno.

    Masimiliano Barbin Bertorelli

  • Biennale Architettura ospiterà coreografie Concerto Capodanno Venezia 2017

    Biennale Architettura ospiterà coreografie Concerto Capodanno Venezia 2017

    VENEZIA. 25 NOV. E’ la prima volta che la Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia sarà palcoscenico delle coreografie del Concerto di Capodanno di Venezia 2017.

    Le riprese saranno trasmesse nell’ambito del concerto in diretta domenica 1° gennaio 2017 su Raiuno e in molti paesi europei.

    Le coreografie sono di Gianluca Schiavoni, mentre i due primi ballerini sono gli scaligeri Emanuela Montanari e Antonino Sutera, che danzeranno insieme a sedici artisti del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano. Scenario suggestivo saranno gli spazi delle Corderie, Sale d’Armi e Tese dei Soppalchi dell’Arsenale di Venezia. Le coreografie avranno come cornice unica le installazioni della Mostra Reporting From the Front, curata dall’architetto cileno Alejandro Aravena, e il progetto Darzanà: Due Arsenali, Un Vascello, attualmente esposto al Padiglione Turchia (commissario: Istanbul Foundation for Culture and Arts – İKSV). La regia televisiva è di Arnalda Canali.

    Il Concerto verrà eseguito dall’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice diretti da Fabio Luisi e sarà incentrato sul melodramma: i ballerini danzeranno in Mostra su musiche di Giuseppe Verdi e Benjamin Britten.

    FRANCESCA CAMPONERO

    Sito web ufficiale della Biennale Architettura 2016: www.labiennale.org
    Hashtag ufficiale: #BiennaleArchitettura2016

  • Il Nano Morgante | La comprensibilità delle questioni

    Il Nano Morgante | La comprensibilità delle questioni

    GENOVA. 19 NOV. Non è una novità: la comprensione procede passo passo, secondo una logica sommativa ed una progressione graduale: dalle cose più semplici alle più complesse.

    L’affermazione non ha certo l’intento di ridurne la capacità e sminuirne la portata, bensì di sottolineare che, talvolta, illogicamente, le cose più semplici, quelle originarie, tendono a restare fuori dall’uscio,  malgrado compongano il supporto, l’impalcatura atemporale su cui fondare la solidità e l’adeguatezza del proprio presente: il “ponte sospeso” che mette in comunicazione luoghi differenti.

    Pertanto, è tutt’altro che svilente tentare di ri-colmare eventuali elementari lacune, propedeutico mezzo per stringere d’assedio e conquistare posizioni più avanzate, altrimenti irraggiungibili, inavvicinabili.

    D’altronde, basta seguire, almeno in questo caso, il metodo scolastico: dai gradi più elementari di studio ai più avanzati. Senza balzi frettolosi ed avantisti.

    Ed ecco che una certa responsività individuale, una certa reattività vitalistica alle sollecitazioni, rincorrono l’esigenza di di-mostrarsi, a corredo di una dote mnestica che, giorno dopo giorno, pare sconnettersi.

    Considerato che “il pensiero è un’eredità” e confidando in Pascal, col suo  dissacrante “comincia con l’acqua benedetta e finirai col credere”, ne discende l’opportunità di mai sentirsi anonimi nel seguire pedissequamente certi liturgici passaggi.

    In ogni caso,  compete a noi la scelta di compiere o non compiere il balzo, opzionando, se del caso, la linea verticale, nella previsione di atterrare nello stesso identico posto, a prescindere dall’impegno, o l’orizzontale, nella previsione di spostarci dal punto di partenza, in una direzione più o meno casuale o, in ogni caso, dagli esiti ingovernabili.

    L’azione si può tradurre nel constatare che, a parità di sforzo ed impegno, possiamo ottenere risultati (ed occupare luoghi) differenti e dis-locati.

    Ogni azione é giocoforza sempre individuale. Tuttavia gli esiti che imprime non possono ritenersi, se non in apparenza, solo individuali.

    Come che sia, conclusivamente, in tale processo si comprende quanto sia esigenziale acquisire “la capacità di recuperare i concetti di un passato storico in modo tale che essi includano in sé anche il nostro presente modo di pensare” (cit. Gadamer).

    Massimiliano Barbin Bertorelli